La terapia medica,chirurgica e radiometabolica

Esistono varie opzioni terapeutiche per il tumore tiroideo che, variamente combinate tra di loro, permettono di ottenere alte percentuali di guarigione completa o lunghi periodi di remissione con buon controllo della malattia. A questo proposito il lavoro in equipe dei vari specialisti coinvolti è fondamentale (endocrinologo, chirurgo, medico nucleare, radiologo ed oncologi) perché  permette di individuare la miglior scelta terapeutica per ogni singolo paziente.

Chirurgia

Il trattamento di elezione del tumore della tiroide è l’asportazione di tutta la tiroide o tiroidectomia totale. L’asportazione di tutta la tiroide è necessaria per 2 motivi:
– da una parte è frequente che il tumore sia multifocale e anche bilaterale,
– dall’altra la possibilità di avere uno strumento prezioso di controllo a distanza di tempo come il dosaggio della tireoglobulina (vedi capitolo degli esami di laboratorio). Spesso, allo scopo di eliminare qualunque residuo tiroideo sia benigno che maligno, si sottopone il paziente alla terapia medico nucleare con radioiodio. Talvolta il chirurgo deve completare l’intervento di tiroidectomia con una asportazione dei linfonodi di un compartimento del collo, oppure con l’asportazione di tessuto tumorale infiltrante i tessuti peritiroidei. Questa decisione dipende dallo stadio della malattia: più l’asportazione chirurgica è radicale e più aumenta l’intervallo di tempo libero da recidive.
I rischi dell’intervento chirurgico sono rari e dovuti allo stretto rapporto che la tiroide contrae con il nervo ricorrente da una parte e con le paratiroidi dall’altra.
I nervi ricorrenti sono responsabili della motilità delle corde vocali ed il danno di uno dei due nervi provoca la paralisi di una corda vocale con conseguente disfonia(voce rauca e difficoltà nei toni acuti e nel canto). E’ per fortuna raro ed il chirurgo riesce quasi sempre ad isolare il nervo ricorrente per evitare di danneggiarlo. In casi ancora più rari l tumore infiltra i tessuti ed ingloba il nervo rendendo impossibile il suo isolamento. Esistono delle terapie di rieducazione fonetica molto utili, fatte da specialisti in logopedia.
Le paratiroidi sono quattro minuscole ghiandole endocrine poste lungo la parete posteriore della tiroide. Secernono il paratormone (PTH), ormone che  mantiene il livello di calcio costante nel sangue: l’ipoparatiroidismo dovuto all’asportazione od alla sofferenza delle ghiandole paratiroidee comporta una ipocalcemia post-operatoria, che può essere transitoria (dura poche settimane) oppure definitiva (2% degli interventi di tiroidectomia). In quel caso il paziente deve prendere, oltre all’ormone tiroideo, anche del calcio e della vitamina D e deve controllare regolarmente il livello di calcio nel sangue.

Terapia con radioiodio o terapia medico nucleare

E’ una terapia che utilizza le radiazioni emesse da un elemento radioattivo. Nel caso della tiroide si sfrutta la grande avidità della ghiandola per lo iodio e pertanto si utilizza il radioisotopo 131 (iodio 131).La somministrazione di radioiodio ad un paziente già sottoposto a tiroidectomia per carcinoma della tiroide serve ad eliminare eventuali residui tiroidei normali o tumorali, dando così al paziente un’elevata percentuale di guarigione totale.
Esiste una convinzione sempre più diffusa che, nel caso di un  paziente con bassissimo rischio di recidiva ed alto tasso di guarigione completa con la tiroidectomia totale, non sia necessario eseguire la terapia con radioiodio. In tutti gli altri casi con rischio, anche se minimo, di recidiva, l’ablazione con radioiodio conferisce un ulteriore protezione.
Per eseguire la terapia è obbligatorio il ricovero ospedaliero in un reparto di Medicina Nucleare in regime di “Ricovero Protetto” la degenza è di 3-5 giorni; bisogna seguire  una dieta povera di iodio prima del ricovero e delle semplici precauzioni di radioprotezione dopo, al ritorno a casa (vedi nostro opuscolo sulla terapia ablativa radiometabolica con radioiodio e sulla dieta a basso contenuto di iodio).

Prima della terapia
Oltre la dieta povera di iodio è necessario sospendere la terapia ormonale sostitutiva 35-40 giorni prima e iniziare la già sopra indicata dieta ipoiodica. Tutto questo serve ad aumentare l’ormone ipofisario TSH (ad un valore superiore a 30) che a sua volta aumenta l’avidità delle cellule tiroidee per lo iodio. L’ ipotiroidismo che segue la sospensione dell’ormone tiroideo può essere più o meno forte e l’intensità dei sintomi è molto variabile da persona a persona.
Nel 80% dei casi è sufficiente una sola dose di iodio 131, ma in caso di recidiva può essere necessario ripetere anche più volte il trattamento.
LA GRAVIDANZA E L’ALLATTAMENTO sono controindicazioni assolute al trattamento con radioiodio. Si consiglia di EVITARE una gravidanza per circa 6-8 mesi dopo il trattamento e la paternità per circa 3-6 mesi.
Studi condotti per vari decenni su migliaia di pazienti sottoposti a terapia con iodio 131, hanno dimostrato che è un trattamento sicuro. In particolare non è stato evidenziato un aumento di tumori nei pazienti sottoposti a tale terapia ne malformazioni nei bambini nati da donne trattate precedentemente con iodio 131.
Nello iodio radioattivo, è contenuta in peso una quantità trascurabile di Iodio e pertanto anche i pazienti allergici allo iodio possono sottoporsi con sicurezza alla terapia.
Una volta effettuata la terapia il paziente riprende la sua terapia ormonale sostitutiva ed il malessere da ipotiroidismo passa dopo circa 15 giorni dall’inizio della terapia.
Raccomandiamo di leggere l’opuscolo allegato sulla “terapia ablativa radiometabolica e la dieta povera di iodio”

Controlli dopo la terapia
Dopo la terapia radiometabolica, entro al max 4-7 giorni dalla somministrazione dello iodio 131 (di norma prima della dimissione), viene effettuata una STB (Scintigrafia Total Body) per mettere in evidenza la aree di captazione dello iodio documentando così l’entità del residuo e la eventuale presenza di altre aree di patologica concentrazione in altri organi. In alcuni casi, a distanza di 6-12 mesi può essere necessario effettuarne un’altra per verificare il risultato del trattamento ablativo.
Come già spiegato sopra l’esame per eccellenza che permette il controllo della malattia nel tempo è il dosaggio della tireoglobulina che deve essere effettuato ogni 6 mesi insieme al dosaggio degli anticorpi anti-tireoglobulina.

Gli Approfondimenti

Le nuove frontiere del THYROGEN
Come abbiamo appena detto, per effettuare la terapia con radioiodio bisogna necessariamente sospendere la terapia ormonale sostitutiva per far salire il TSH ad un livello superiore a 30 e questo comporta la comparsa di tutti i sintomi che si associano all’ ipotiroidismo.
E stato recentemente sintetizzato il TSH, chiamato TSH umano ricombinante (Thyrogen), e sono tuttora in corso numerosi studi per il suo utilizzo nella diagnosi e nel trattamento dei residui e/o recidive tiroidei.
Al momento attuale il TSH ricombinante è utilizzato come test diagnostico di stimolo della tireoglobulina per valutare eventuali recidive.
Il TSH umano ricombinante può anche essere usato come stimolo per la captazione dello radioiodio per effettuare la scintigrafia total body,senza la sospensione dell’ormone tiroideo. Questo protocollo è già seguito in alcuni Centri in casi selezionati.L’uso del TSH ricombinante nella terapia radioablativa attende ancora conferme e viene usato solo in studi clinici.
E indiscutibile il vantaggio dell’uso del TSH ricombinante nel ridurre marcatamente il disagio del paziente provocato dallo stato di ipotiroidismo indotto dalla sospensione prolungata dell’ormone tiroideo.

Cenni sulle unità di misura del radio-iodio in terapia
Un campione contenente radioisotopi si caratterizza per la sua quantità radioattiva, che viene espressa con il numero di disintegrazioni nell’unità di tempo dei nuclei radioattivi.
L’unità di misura utilizzata è il BECQUEREL, che ha per simbolo Bq.
1 becquerel=1Bq=1 disintegrazione al secondo
Poichè questa unità di misura è assai piccola, la radioattività si esprime molto spesso con multipli di Bq.
kBq= (Kilobecquerel) mille Bq
MBq= (Megabecquerel) un milione di Bq
GBq= (Gigabecquerel) un miliardo di Bq
TBq= (Terabecquerel) mille miliardi di Bq

In precedenza invece veniva usato il curie, (simbolo Ci), definito come la quantità di radioattività contenuta in 1 grammo di radio, Questa unità di misura è nettamente più grande del Bq, perchè in un grammo di radio si producono 37 miliardi di disintegrazioni al secondo 1 curie= 1 Cì= 37 GBq = 37 gigabecquerel = 37 miliardi di becquerel
Le dosi di radioiodio somministrate per un trattamento ablativo variano tra 1100-3700 MBq (30-100 mCi) mentre per trattare lesioni secondarie in altri organi sono utilizzate dosi di radioiodio variabili tra i 5500-1100 MBq (150-300 mCi)

Terapia ormonale

La terapia ormonale con levo-tiroxina deve essere iniziata a tutti i pazienti dopo l’intervento di tiroidectomia e dopo l’eventuale trattamento radiometabolico, sia a scopo sostitutivo (l’ormone tiroideo è indispensabile) ma anche a scopo “soppressivo”. Soppressivo perché mirato ad abbassare il livello di TSH sotto il valore minimo della norma in quanto il TSH è un ormone “stimolante” sulle cellule tiroidee sane ma anche tumorali. In pazienti ad alto rischio di recidiva è stato dimostrato che una dose soppressiva di ormone tiroideo può proteggere o rallentare la comparsa di recidive.
Tuttavia nella maggior parte dei carcinomi differenziati della tiroide il rischio di recidiva è già di per se molto basso e dunque non è necessario sottoporsi a dosi elevate di ormone tiroideo.

Radioterapia

La radioterapia consiste nell’applicazione di radiazioni ad alta frequenza per distruggere le cellule neoplastiche e ridurre le dimensioni del tumore. Per il trattamento del cancro della tiroide, le radiazioni sono di solito erogate da una macchina esterna all’organismo (radioterapia esterna).
Viene usata solo in determinati casi dopo l’intervento chirurgico, quando  non è stato possibile asportare completamente il tumore oppure in presenza di recidive locali o a distanza non più captanti il radioiodio.

Chemioterapia

La chemioterapia è un trattamento anti-tumorale sistemico, e cioè dove il farmaco circola in tutto il corpo e può raggiungere tutti gli organi e le sedi di metastasi a distanza. Non è frequente l’uso della chemioterapia nei tumori della tiroide ed al momento non vi sono grandi novità.

Nuove terapie

Negli ultimi dieci anni sono stati fatti grandi passi nella comprensione della patogenesi (cioè della formazione) del tumore della tiroide ed in particolare delle alterazioni genetiche. Inoltre si sta cercando di intervenire proprio al livello del codice genetico della cellula neoplastica. Per questo bisogna utilizzare dei “vettori”, cioè dei trasportatori che veicolino e penetrino nelle cellule tumorali: alcuni ricercatori hanno messo a punto dei vettori di origine virale che “infettano” la cellula tumorale. Tutte queste terapie sono ancora allo stadio “sperimentale”.

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